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TORINO SUD - I militari del Comando Provinciale della Guardia di Finanza Torino hanno portato a termine, sotto il coordinamento della Procura della Repubblica di Torino, una mirata attività investigativa in materia di contrasto al fenomeno delle frodi agroalimentari, a tutela del made in Italy. L’operazione ha riguardato la commercializzazione su tutto il territorio nazionale di sementi da orto (principalmente di pomodoro, peperoncino e fagiolini) di origine prevalentemente cinese o comunque estera ma venduti come di origine italiana, in quanto sulle relative confezioni erano riportati figure, immagini e segni atti a indurre il consumatore a ritenere che il prodotto fosse di provenienza nazionale.

Il tutto in prosecuzione degli accertamenti che già nello scorso mese di settembre avevano consentito di operare nel cesenate, presso siti di confezionamento dei prodotti in questione, il sequestro di 8,2 tonnellate di sementi da orto, già confezionate in circa 218 mila buste, pronte per l’immissione in commercio. Il conseguente sviluppo degli approfondimenti di polizia giudiziaria ha portato gli investigatori a individuare nel piacentino un ulteriore importante sito di confezionamento delle sementi della specie. Su disposizione della Procura della Repubblica di Torino sono state pertanto effettuate apposite perquisizioni in provincia di Torino e Piacenza, che hanno portato al sequestro di ulteriori 263,3 tonnellate di sementi da orto, in parte già confezionate in circa 1,9 milioni di buste, recanti indicazioni circa la falsa origine italiana del prodotto e destinate alla commercializzazione sul mercato nazionale.

Nel corso delle operazioni di perquisizione i militari di Torino hanno inoltre sottoposto a sequestro 29 macchinari industriali utilizzati per il confezionamento illecito delle sementi, così inibendo la prosecuzione dell’attività, tenuto conto che presso il sito produttivo era presente un altro milione di confezioni aventi analoghe caratteristiche. Il controvalore dei prodotti sequestrati è stato stimato in oltre 38 milioni di euro. Nel complesso, le oltre 800 specie di sementi da orto che, senza alcun processo di trasformazione “sostanziale”, venivano poi immesse in commercio con le descritte modalità ingannevoli per il consumatore sono risultate in realtà provenire prevalentemente, a seconda dei casi, da Cina, India, Ungheria e Tanzania.