TORINO - Promozione di attività formative per gli operatori della rete antiviolenza e delle Forze dell’Ordine, unitamente ad un coordinamento e raccordo più efficace tra le diverse componenti coinvolte, sono gli obiettivi del protocollo d’intesa per prevenire e contrastare la violenza contro le donne siglato in Prefettura a Torino proprio alla vigilia dell’8 marzo.
I firmatari del protocollo
Il documento coinvolge tutti gli enti che coordinano le strutture della rete antiviolenza, quali la Regione Piemonte, la Città metropolitana di Torino, le Amministrazioni provinciali, le Prefetture, la Procura generale della Repubblica presso la Corte d’Appello di Torino, le Università e il Politecnico di Torino, l’Università del Piemonte orientale. Il raccordo sull’intero territorio piemontese è assicurato dalla Prefettura di Torino, soggetto capofila nelle relazioni con le Prefetture delle altre province, che nell’aderire all’intesa si impegnano a favorire la partecipazione delle Forze di Polizia territoriali all’attività di formazione promossa dalla Regione Piemonte sul tema della violenza di genere.
Nel 2024 si sono rivolte ai Centri antiviolenza regionali per ottenere aiuto e protezione In Piemonte circa 4.000 donne e quest'anno sono già state accolte 471 richieste di aiuto. «Questo importante protocollo sancisce un impegno corale - ha affermato il prefetto Donato Cafagna - orientato a promuovere e sviluppare azioni, progetti e iniziative integrate finalizzate alla prevenzione e al contrasto della violenza maschile contro le donne, un crimine con il quale ancora dobbiamo fare i conti e che richiede un cambio di passo anche culturale verso una reale parità e una effettiva tutela della dignità e della sicurezza delle donne».
Le richieste di aiuto
Torino è la provincia con il numero più alto di accessi, con 2.537 donne seguite nel 2024 e 284 nuovi casi nel 2025. Seguono Cuneo, con 473 donne prese in carico nel 2024 e 43 nei primi mesi del 2025, e Novara, che registra 289 accessi nel 2024 e 44 nuovi ingressi nel 2025. Anche le altre province confermano una situazione di forte criticità: Alessandria ha assistito 290 donne nel 2024, a Vercelli il numero si attesta a 139, nel Verbano Cusio Ossola sono state 180 le donne seguite, a Biella 91 e ad Asti 75.
Dalla Regione 400.000 euro
Accanto al lavoro dei Cuav, nel 2024 la Regione Piemonte ha investito 295.000 euro per finanziare progetti di informazione, comunicazione e formazione nelle scuole con una serie di interventi che rientrano nel Piano operativo regionale realizzato grazie a fondi nazionali destinati alla prevenzione della violenza contro le donne. Con questi fondi sono stati finanziati 15 progetti, presentati da 7 enti pubblici, 6 associazioni e 2 cooperative sociali, in partenariato con scuole e istituti formativi, che hanno coinvolto docenti, studenti e studentesse di 26 istituti comprensivi, 28 istituti superiori e 45 enti del terzo settore. Nel piano di prevenzione sono stati realizzati anche concorsi creativi per studenti tra i 6 e i 18 anni, con la produzione di video, disegni e musiche sul tema della parità di genere. A bilancio 2025 anche 170.000 euro per garantire assistenza legale alle donne vittime di violenza per il supporto nei percorsi giudiziari. Complessivamente ammonta a 400.000 euro il fondo regionale per le iniziative di prevenzione e promozione della parità di genere.
Il profilo degli uomini autori di violenza
Un’indagine realizzata da Ires Piemonte ha analizzato l’attività dei Centri per uomini autori di violenza (Cuav) nel 2023. Sono stati 452 gli uomini presi in carico nei 16 Cuav attivi. Il 72% ha figli e, nella metà dei casi, i minori hanno assistito agli episodi di violenza contro la madre. La maggior parte degli uomini seguiti ha un’occupazione, il 69,3% lavora stabilmente, mentre l’88% ha commesso abusi in ambito familiare, prevalentemente nei confronti della partner o dell’ex partner. Un terzo di loro ha subito episodi di violenza quando era bambino, soprattutto di tipo fisico o psicologico, ma il 9% ha subìto violenza sessuale. Per quanto riguarda il livello di istruzione, il 51,8% ha conseguito la licenza media inferiore, il 31,3% un diploma superiore e il 10% è laureato. L’età è compresa tra i 17 e gli 81 anni. Solo il 10% si è rivolto spontaneamente ai Cuav, mentre il restante 90% è stato inviato da avvocati, dall’autorità giudiziaria o dai servizi sociali.
I percorsi di trattamento durano in media 10 mesi e prevedono incontri individuali e di gruppo, con l’obiettivo di promuovere un cambiamento consapevole e duraturo nei comportamenti violenti. Al momento dell’accesso ai Cuav, l’89,6% degli uomini si trova in stato di libertà, mentre il 10,4% è detenuto. Tra coloro che sono in libertà, il 45,9% ha ricevuto una denuncia, mentre l’8,1% ha ricevuto un ammonimento, con il 66,6% degli ammonimenti (22 su 33) emessi in assenza di una denuncia da parte della vittima. Le tipologie di violenza commesse sono spesso multiple: nel 52,6% dei casi si riscontrano, infatti, più forme di abuso contemporaneamente. Le più frequenti sono la violenza fisica (56,9%) e psicologica (49,8%), seguite da stalking (20,4%), violenza sessuale (15%), molestie (7,7%) e violenza economica (3,8%). Un dato residuale ma comunque presente riguarda i casi di revenge porn o vessazioni legate all’uso di immagini e social network (0,9%).