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POIRINO - Torna in libreria uno dei protagonisti più amati dai lettori di Poirino e non solo. Si tratta del romanzo «Don Prusòt e il gioco del dottore» edito da Baima e Ronchetti: l’ultima mirabolante storia del mitico parroco di Pravorino, nato dalla penna dell'autore poirinese, Beppe Grinza. A tenerci incollati alle pagine del libro sono, come sempre, le disavventure che capitano al religioso: un breviario sparito, un viceparroco decisamente troppo intraprendente, ma soprattutto la confessione di un giovane che chiede l’assoluzione per uno strano peccato. E' il quarto capitolo della fortunata saga scritta da Giuseppe Grinza, che è nato a Poirino nel 1941. Di solidi studi classici, è stato educatore in un istituto per bambini orfani e poi insegnante statale per 36 anni.

«Le idee vengono soprattutto di notte e così è stato anche per questo nuovo capitolo di don Prusot – racconta Beppe Grinza - La leggerezza è la caratteristica di questi romanzi, ma, bisogna dire, che contengono sempre qualcosa di importante su cui riflettere. Nell’ultimo libro c’è la morale sessuale, con il riferimento al “gioco del dottore”, che mette un po’ in crisi la teologia tradizionale del parroco. A scombussolare le certezze del don è un ragazzino, con la sua beata innocenza. La sua confessione ha un impatto importante sui pilastri portanti delle convinzioni di don Prusot. Tutti i miei racconti hanno un messaggio da trasmettere. Per esempio, in “Don Prusòt e la perpetuanza” tratto la solitudine del prete».

Quanto c’è di Beppe Grinza nel personaggio di don Prusot?: «Di autobiografico ci sono, casomai, i chierichetti, perché Beppe Grinza è l’opposto del parroco di Pravorino. Diciamo che non sono proprio ortodosso nella mia teologia, mentre don Prusot lo è. Per questo, nelle pagine dei miei romanzi ci scherzo sopra. L’ironia è un po’ il filo conduttore di questa serie e forse, insieme al descrivere un mondo che conoscevo e conosco, è il segreto del successo di questi libri. Secondo, me l’ironia apre delle porte, mentre il dogma le chiude. Io mi diverto a riaprirle».

Don Prusot, in passato, è approdato anche a teatro con ottimi risultati: uno spettacolo applaudito e sale sempre gremite: «Sarebbe bello che qualcuno altro portasse queste storie in scena. Ogni regista poi interpreta i personaggi a modo suo, sviluppando aspetti nuovi. Io lascio sempre campo libero. Non metto becco nella regia. Secondo me questo ultimo racconto attecchirebbe a teatro, come i precedenti. Mi sono accorto che i miei romanzi hanno una dinamica teatrale. Don Prusot con la perpetua, ma non solo, è protagonista di dialoghi quasi teatrali. Credo funzionerebbe». Pravorino è un po’ la Poirino vissuta da Beppe Grinza: «C’è un legame forte con il mio territorio. Quando ho cominciato a scrivere le avventure di don Prusot mi sono chiesto se era il caso di ambientarle proprio a “Poirino” o fosse meglio inventare un altro nome. Ci ho riflettuto. Non volevo far fare brutta figura ai poirinesi e così è nato “Pravorino”».

Nel futuro di Beppe Grinza scrittore cosa c’è? «Sono a tre quarti del nuovo libro. Continuo a divertirmi tanto, scrivendo di don Prusot. Quando non sarà più così vorrà dire che chiuderò questa lunga saga. Ringrazio tantissimo i lettori. Continuo a stupirmi ogni volta che qualcuno mi dice di aver letto il mio romanzo e che gli è piaciuto. E’ una soddisfazione. Io scrivo in piena libertà, non ho vincoli, se non il rispetto anche quando tratto tematiche piuttosto impegnative nei riguardi della religione. Uso la critica, magari anche severa, ma sempre nel rispetto. Non erigo muri. Metto in discussione il dogma, lo rifiuto, ma non ne creo uno io. Altrimenti sarebbe sbagliato e non piacerebbe a chi legge credo».