TORINO - L'arcivescovo di Torino, monsignor Roberto Repole, ha inaugurato questa mattina il centro multiservizi di via Luigi Chiala 14, la "Casa porta di speranza", aperto dall'Arcidiocesi di Torino nel quartiere Mirafiori Sud e progettato in accordo con la Città di Torino nell'ambito del Piano cittadino di potenziamento dei servizi di accoglienza, assistenza e inclusione per adulti in grave emarginazione e persone senza dimora. La nuova struttura di via Chiala ospita nuclei operativi diversificati per l’accoglienza notturna e diurna, l’igiene personale, la risocializzazione di detenuti e senza dimora.
Immobile costruito dalla Fiat negli anni Sessanta e donato alla Parrocchia San Remigio Vescovo che, in quello stabile, ha iniziato la sua presenza territoriale. Con la costruzione della nuova chiesa e il conseguente trasferimento delle attività pastorali in via D. Millelire l’immobile diventa scuola media con la conduzione dei Fratelli della Sacra Famiglia di Belley fino agli ultimi anni Novanta. Nel 2006 la Parrocchia mette a disposizione della diocesi gli ultimi due piani superiori per attività di accoglienza, per la cui gestione il Cardinale Poletto chiede e ottiene la presenza delle Missionarie della Carità. Nel corso dell’anno e fino ad aprile 2007 vengono condotti i lavori di ristrutturazione dei due piani e di alcune altre parti dello stabile, con l’inserimento di una colonna per ascensore esterno.
I costi sono coperti da erogazioni di Arcidiocesi, Presidenza Conferenza Episcopale Italiana, Fondazione CRT e Compagnia di San Paolo. L’accoglienza viene inaugurata a maggio 2007 e dedicata a donne in condizione di senza dimora o di grave emarginazione, con possibilità di accesso anche a mamme con figli. Il 2 maggio 2024 le Missionarie della Carità, nell’ambito di un processo interno di riorganizzazione della loro presenza nei vari paesi, lasciano la struttura. La Parrocchia di San Remigio Vescovo, convinta dell’opportunità di trovare una strada di continuità perché lo stabile resti segno di carità nel territorio, propone all’Arcidiocesi di utilizzare gli spazi al fine di realizzare un segno di accoglienza di portata diocesana.